In questi dieci anni ho incontrato (ovviamente!) tantissime mamme.
Ognuna di loro ha una storia speciale: gravidanze arrivate per caso, per scelta, per amore. E anche gravidanze desiderate con tutte le forze, cercate per mesi o per anni scanditi da tentativi, attese e rinunce sostenute con il coraggio di chi non si arrende.
Parlo delle mamme che sono diventate tali grazie alla PMA – Procreazione Medicalmente Assistita.
Onestamente non ho mai pensato di fare un distinguo. Per me, una mamma è una mamma, ma ho capito, grazie a una storia particolare, che certe differenze esistono e vanno raccontate non per etichettare, ma per sensibilizzare ad accogliere con rispetto.
Perché emotivamente e biologicamente, il corpo di una donna che ha attraversato la PMA affronta un carico di sfide più articolato e più profondo. E ha bisogno di un approccio più delicato.
La donna protagonista di questa “Storia vera” non ama mettersi in mostra e ha preferito restare nell’ombra, pur sapendo che nessuno avrebbe mai saputo chi fosse. I risultati che ha ottenuto sono stati davvero bellissimi e sono il frutto di tutto ciò che leggerai nelle prossime righe.
Mi sarebbe piaciuto poterli mostrare, ma ho scelto di rispettare la sua richiesta: quella di non apparire, anche se dentro di sé sentiva l’orgoglio per il traguardo raggiunto.
Ma come lei, so che ci sono tantissime donne che possono riconoscersi in questo racconto e il mio augurio è che trovino l’ispirazione per agire.
Cosa succede al corpo durante la PMA?
Un percorso di procreazione medicalmente assistita non è solo una questione di quale tecnica adottare per aumentare le probabilità di gravidanza (ne esistono diverse suddivise per livelli in base alla diagnosi). È un viaggio intenso che coinvolge il corpo, la mente e le emozioni della coppia che inizia con stimolazioni ormonali molto forti per la donna per spingere le ovaie a produrre più ovociti del normale, ispessire la parete dell’utero e prepararla ad accogliere l’embrione e infine per sostenere l’impianto e favorire la gravidanza.
Se normalmente una donna in dolce attesa avverte maggiore gonfiore, ritenzione idrica, aumento temporaneo di peso, tensione al seno, sbalzi d’umore e senso di fatica profonda (nel primo trimestre) e mentale (nell’ultimo trimestre), nel caso di PMA a tutto questo si aggiunge quel pensiero nascosto di paura del fallimento delle procedure e la paura legittima (spesso taciuta!) per la propria salute.
Già durante questi mesi delicati i trattamenti specifici per la gravidanza, riadattati con dei piccoli accorgimenti, possono essere un valido aiuto. Non solo iniziano a contenere i segnali che il corpo manda, ma aiutano la donna a riservarsi importanti finestre di relax dove allentare i pensieri. Non è un caso che dico sempre che il miglior momento per una donna di avvicinarsi a noi è proprio in dolce attesa, perché già si possono mettere basi importanti.
Il post-parto dopo la PMA
Una volta raggiunta la gravidanza e poi il parto, tutto sembra finalmente risolto.
Ma il post-parto dopo la PMA ha delle complessità in più. Il corpo, sottoposto a mesi di ormoni, fatica a ritrovare il proprio equilibrio. Il metabolismo può essere rallentato, il gonfiore più persistente, l’energia più lenta a tornare. E spesso – proprio perché “dovresti essere solo felice” – non c’è spazio per raccontare il disagio.
Molte donne si trovano a vivere:
- Una pressione emotiva fortissima
- Difficoltà nel riconoscersi allo specchio
- Senso di colpa per il proprio malessere
- Difficoltà nel perdere peso
- Autostima in calo
- Sensazione di non avere più padronanza del proprio corpo
Insomma, dopo mesi in cui il corpo è stato “strumento”, al servizio di una missione, si fa fatica a riconoscerlo come proprio.
Ma queste donne non hanno bisogno di frasi fatte. Hanno bisogno di spazi sicuri e competenti dove sentirsi accolte e rispettate.
I trattamenti su misura (che sono sempre studiati per riequilibrare e sfiammare i tessuti, stimolare il microcircolo, ridurre i volumi e favorire il ritorno a una sensazione di leggerezza e benessere) si accompagnano all’“educazione” verso un nuovo dialogo interiore.
Ti garantisco che stare bene significa anche ristabilire un contatto affettuoso con la propria pelle e il proprio aspetto parlando a sé stesse con gentilezza e non con giudizio: continuiamo a essere sempre le prime nemiche di noi stesse! (qui ti spiego quanto è difficile per tutte tornare a prendersi cura di sé stesse).
E così il cambiamento arriva con piccoli passi apparentemente banali, ma che a distanza di poche settimane (in questo caso 12!) lasciano a bocca aperta.
Dopo la PMA bisogna riscoprire il desiderio di essere una priorità
È questo uno dei pochi modi per non rimanere prigioniere di ragionamenti come “è troppo tardi per me” o peggio “non è una priorità”.
Bisogna arrivare con gradualità al desiderio di essere una priorità perché chi è passata per un percorso di PMA ha fatto cosi tanto per arrivare dove è, che ha il diritto di fare qualcosa per sé, se sente che il suo corpo non le appartiene più.
Basta iniziare con pochi piccoli gesti costanti e un modo diverso di chiedere “aiuto”. Come ha fatto questa mamma che con il suo sorriso timido ci ha chiesto supporto. La sua timidezza ha trovato il luogo che ha saputo farla risplendere un po’ alla volta.
Non cercava soluzioni veloci, ma rispetto e gradualità. Abbiamo costruito insieme un percorso delicato, cucito su misura per lei, lavorando sulle zone che più la mettevano a disagio: addome, cosce e fianchi. Ogni seduta era un piccolo passo avanti, non solo sul piano estetico, ma soprattutto nella relazione con sé stessa.
E passo dopo passo, ha smesso di nascondersi e ha iniziato a riconoscersi.
La sua storia resta privata, ma il messaggio è per tutte: “quando il corpo non ti somiglia più, puoi scegliere di tornare a casa. Dentro te stessa”. E sarà un onore per chi ti accompagna mostrarti la strada da percorrere.